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Si allarga il fronte del ‘No’ al referendum consultivo promosso dai Radicali per la messa a gara del servizio di trasporto pubblico della città attualmente nelle mani di Atac. A meno di un mese dalla consultazione, che si terrà il prossimo 11 novembre, il variegato quadro di quanti preferiscono non affidare il servizio pubblico al mercato, che ha iniziato a comporsi nell’aprile scorso con la nascita dei primi comitati (‘Mejo de no’ e Atac bene comune), si è aggiunto di nuovi pezzi.
È di ieri, giovedì 18 ottobre, l’annuncio della campagna per il ‘No’ di Cgil, Cisl e Uil di Roma e del Lazio. Il nome del comitato sarà: “Trasporto pubblico”. Per i tre sindacati, dietro al quesito sulla messa a gara del trasporto pubblico si nasconde l’intento “neanche troppo celato, di trasferire le attività di Atac ai privati” ma l’equazione tra “privato ed efficienza” rappresenta per i sindacati “una tesi sbagliata” perché “negli ultimi decenni si sono susseguite diverse privatizzazioni e/o esternalizzazioni dei servizi pubblici locali” che “non hanno prodotto effettivi miglioramenti”.
“Il nostro indirizzo è quello di votare ‘no’ perché l’esperienza maturata sia a livello cittadino sia europeo” spiega Daniele Fuligni, segretario regionale Filt Cgil. “A Roma sono sotto gli occhi di tutti le inefficienze di Roma Tpl, la società privata che detiene il 20 per cento del servizio. Oltre al disagio dei lavoratori per ritardi nei pagamenti anche il servizio insufficienze offerto alla cittadinanza sulla quale, inoltre, sono stati caricati costi di contenziosi come il ‘lodo Roma tpl’ appunto”.
In Europa, invece “c’è l’esempio di Londra che ha già sperimentato in negativo la privatizzazione con una diminuzione degli standard di sicurezza e con un aumento dei costi per i cittadini. Proprio a Londra, soprattutto nel settore metro-ferroviario, si è scelto di fare un passo indietro rispetto alla privatizzazione perché il servizio non era adeguato. Altre capitali come Parigi e Berlino, invece, hanno mantenuto pubblico il proprio servizio di trasporto e non vediamo perché anche a Atac non possa rimanere di proprietà dei romani”. Poi ha concluso: “Privatizzare un servizio significa togliere il diritto di intervento ai cittadini con tutti i rischi di una gestione da parte dei privati che hanno interesse a fare profitti ma non a fornire un servizio accessibile a tutti. Atac deve invece continuare sulla strada del risanamento economico e del servizio”.
Ad aver annunciato ieri la decisione di schierarsi a favore del ‘no’ è anche Fratelli d’Italia che ha giudicato “vigliacca e sbagliata la scelta” del Movimento Cinque Stelle e della sindaca Virginia Raggi di “tenere in sordina lo svolgimento della consultazione” e facendo un appello ai romani: non sarà un giudizio sull'attuale gestione del servizio, “bocciato nei fatti”, ma sul mantenimento pubblico di “un bene prezioso che svolge una funzione sociale”. A spiegare la posizione del gruppo capitolino sono stati, in una conferenza stampa in Campidoglio, il capogruppo Andrea De Priamo, i consiglieri Francesco Figliomeni e Lavinia Mennuni e il capogruppo alla Regione Lazio, Fabrizio Ghera, che hanno lanciato una proposta di delibera per legare gli emolumenti dei dirigenti di Atac agli effettivi livelli del servizio.
“Bisogna rendere Atac più simile alle aziende private, ma privatizzare sarebbe errore clamoroso: basta guardare le tante città che l'hanno fatto e sono tornate indietro e i risultati di Roma Tpl che gestisce il 20% delle linee di superficie”. Queste, ha concluso De Priamo, “sono le nostre principali proposte e motivazioni che ci portano a dire che il referendum non è sull'andamento del tpl sotto la gestione Raggi ma su un bene prezioso che va rilanciato. Mettere in sordina il referendum è una scelta vigliacca e sbagliata, bisogna fare campagna e metterci la faccia”.
Altra la scelta quella del Partito democratico che si è ritrovato diviso di fronte al quesito posto dai Radicali, con alcuni esponenti che si sono espressi a sostegno e altri che hanno invece partecipato fin da subito in sostegno dei comitati per il ‘no’. Così, per i dem della Capitale, scatta un pre-referendum. “Il Pd di Roma sarà la prima Federazione in Italia a chiedere ai propri iscritti di esprimersi direttamente sulla posizione che il partito deve assumere su scelte cruciali per il futuro della città”. Si tratta di tre quesiti, tra cui anche quello sul futuro del tpl. Il voto, prosegue il comunicato, “si svolgerà contestualmente alle convenzioni per la selezione dei candidati a segretario regionale che si svolgeranno, in ciascun circolo territoriale, da venerdì 19 ottobre a domenica 28 ottobre”.
Continua la sua campagna anche il ‘Comitato utenti e lavoratori per il mantenimento del trasporto pubblico’ organizzato da Usb, Orsa, Potere al popolo, Rifondazione Comunista, Cinecittà bene comune, collettivi studenteschi e comitati territoriali che domani, sabato 20 ottobre, saranno in piazza a Roma (partenza alle 14 da piazza della Repubblica a San Giovanni) per il corteo che, da Nord a Sud, chiederà la “nazionalizzazione dei servizi, delle aziende e delle infrastrutture strategiche del paese”. Chi difende un’Atac pubblica sarà in piazza: “È ormai assodato che il privato non è la soluzione anzi peggiora le condizioni di lavoro per i dipendenti e il servizio agli utenti” spiega Michele Frullo, sindacalista di Usb.
“Se Atac oggi è ridotta in queste condizioni è proprio perché per facilitare l’ingresso dei privati nel servizio pubblico sono state tagliate risorse. Noi non solo vogliamo che Atac resti pubblica ma che smetta di essere una società per azioni per diventare un’azienda speciale, al cento per cento nelle mani del Comune così che possa essere pienamente controllata. Quello che chiediamo è che a Roma vengano date le risorse che merita per dare la possibilità a Atac di servire due milioni e mezzo di cittadini, 2 milioni di pendolari e migliaia di turisti ogni giorno”.
Fonte ROMATODAY